ORGOGLIO ITALIANO

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Combattiamo

per un Italia Unita, Fiera, Democratica, Patriottica, Europea, Giustizionalista, Meritocratica, Moderna e libera dalla Mafia.

sabato 26 luglio 2008

BERTINOTTI : "DI PIETRO? E' DI DESTRA"


Bertinotti : «Di Pietro, e in generale la cultura populista, possono anche apparire ma non sono di sinistra, anzi sono una cultura di destra»

Bertinotti ha detto una cosa VERA e apparentemente BANALE. Banale per chi si informa e conosce almeno le basi della politica.
Non posso, tuttavia, che apprezzare lo stesso tali parole, che possano un minimo aprire gli occhi a tanti cittadini assefuatti dall'informazione dei TG televisivi, dove chi non è con Berlusconi è di sinistra.

Che i Comunisti si dissocino dalla vera cultura di Destra. A noi non può farci che piacere..

Di Pietro può essere realmente l'elemento unificatore dei cittadini Italiani, proprio per questa sua ambiguità.

lunedì 21 luglio 2008

ASPETTIAMO LA CONDANNA

Aspettiamo la condanna da parte di Fini e Schifani sulle esternazioni razziste e secessioniste di Umberto Bossi.
La bandiera non si offende, l'inno Nazionale neanche..Sono I due simboli di Unità Nazionale, che mai come in questo periodo storico servirebbero ad unirci.

Art. 291

Vilipendio alla nazione italiana

1. Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana e' punito con la multa da euro 1000 a euro 5000. (Comma così modificato dall'art. 11, legge 24 febbraio 2006, n. 85)

Art. 292

Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato.

1. Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.

2. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.

3. Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.
(Articolo così sostituito dall'art. 5, legge 24 febbraio 2006, n. 85)

domenica 20 luglio 2008

Jhon McCain



Perché John McCain è l'uomo giusto per il GOP nella corsa alla Casa Bianca del 2008:


LA LUNGA RINCORSA DI JOHN MCCAIN


di Alessandro Tapparini


IL FOGLIO - giovedì 16 novembre 2006



La mattina del 26 ottobre 1967 la contraerea vietcong abbatté un caccia che sorvolava il Vietnam settentrionale. Il pilota era il capitano John Sidney McCain Terzo, giovane aviatore della marina statunitense. Rimase per cinque anni nelle mani dei torturatori di Hanoi, finché nel 1973 fu rilasciato e rientrò negli Usa, acciaccato ma salvo. La prima conseguenza fu il fallimento del suo matrimonio con la prima moglie, Carol, che aveva lasciato giovane e bellissima (faceva la modella), e che al rientro ritrovò sfigurata da un incidente d’auto. Dopo anni di infedeltà coniugale, per i quali non ha mai negato la propria esclusiva responsabilità, John divorziò da Carol e sposò Cindy Hensley, bionda venticinquenne (lui aveva 43 anni), figlia di un magnate della birra dell’Arizona. La seconda conseguenza fu l’abbandono della carriera militare – lui, figlio e nipote di ammiragli della US Navy – e il passaggio alla politica. Dapprima McCain ottenne l’incarico di ufficiale di collegamento tra il Senato e la marina, e studiò le politiche di sicurezza nazionale al fianco del senatore democratico Harry “Scoop” Jackson (uno dei padri putativi di alcuni futuri “neocon”, colui che aveva ottenuto che il Congresso vincolasse i rapporti commerciali con l’Urss al rispetto del diritto di emigrare, salvando la vita a molti “refusenik” ebrei russi e vincendo un braccio di ferro contro Henry Kissinger negli stessi mesi in cui quest’ultimo, in nome della “distensione”, aveva convinto il presidente Ford a non ricevere Solzhenitsyn alla Casa Bianca per non irritare il Cremlino): ancor oggi indica in Scoop Jackson il suo “modello”. Poi, nel 1982 si candidò alla Camera con il Partito repubblicano, e fu eletto; infine nel 1986 “ereditò” il seggio senatoriale dell’Arizona da Barry Goldwater (il “rifondatore” del Partito repubblicano che nel 1964 aveva straperso le presidenziali contro il democratico Lyndon Johnson, ma aveva al contempo gettato le basi dell’alleanza anticomunista tra la “destra religiosa” e i libertari antistatalisti, creando le premesse per la riscossa della quale fu protagonista, un ventennio più tardi, quel Ronald Reagan che McCain ama definire “il mio eroe”).
Da allora, McCain non ha mai smesso di essere “il senatore dell’Arizona”; oggi, però, potrebbe diventare molto di più: pochi giorni fa ha avviato la macchina della sua candidatura presidenziale. Gli strateghi repubblicani, dopo la batosta alle elezioni di medio termine, sono all’opera per elaborare le contromisure in vista del 2008: nello stilare l’identikit dell’“uomo giusto” per far fronte all’impasse, molti elementi depongono a favore del vecchio John, anche se l’establishment del partito non lo ama affatto. Popolarissimo grazie al suo talento oratorio, noto come uomo onesto e di sani principi e come fustigatore del clientelarismo e della corruzione (mentre proprio recenti scandali di corruzione sembrano essere stati la ragione primaria della sconfitta dei repubblicani), McCain è un personaggio televisivamente onnipresente (non solo nei talk show: l’anno scorso la sua autobiografia “Faith of my fathers” è stata trasposta in un film per la tv, mentre lui ha interpretato un cameo in un episodio del telefilm “24”), ed è talmente amato dai media da godere di buona stampa anche sulle testate di sinistra. Il filo conduttore della sua carriera è intessuto nelle battaglie politiche eterodosse e trasversali (“nonpartisan”, come ama definirle lui): McCain l’indipendente, McCain il cane sciolto, McCain l’uomo della fronda. Nel politichese americano è spesso definito un “R.I.N.O.”, “Republican in Name Only”, repubblicano solo di nome. Per questo molti guardano a lui ora che – come ha notato David Brooks sul New York Times – dopo decenni di egemonia “liberal” seguiti da decenni di egemonia conservatrice, sempre meno elettori si identificano con il Partito repubblicano, ma a ciò non corrisponde una maggior identificazione con il Partito democratico, bensì un continuo incremento di coloro che non si identificano né con l’uno né con l’altro. Avendo da tempo fiutato che le circostanze avrebbero fatto convergere su di lui i riflettori, durante la recente campagna elettorale, anziché attendere nell’ombra (nonostante non fosse in corsa per la riconferma, il suo mandato al Senato scade nel 2010), ha preso parte a ben 131 “eventi” a fianco di aspiranti parlamentari o governatori (incluso Arnold Schwarzenegger, uno dei pochi governatori repubblicani riconfermati), e ha aiutato i suoi amici a raccogliere una decina di milioni di dollari di “fund raising”, divenendo un testimonial ambito.

Alle primarie repubblicane del 1999 era stato il solo a contendere seriamente la nomination a George W. Bush, proponendosi come alternativa “antiestablishmentarian” con un programma imperniato sulla proposta di una “grande riforma” del sistema di finanziamento delle campagne elettorali per ridimensionare il potere delle grandi lobby (tetto massimo all’ammontare dei finanziamenti consentiti, drastiche norme di trasparenza anti-fondi neri). Le altre differenze rispetto al programma di Bush erano una maggior cautela sui tagli alle tasse (per questo i libertari del Cato e l’American for tax reform di Grover Norquist non si fidano di lui), una spiccata disponibilità a dare ascolto agli ecologisti sul problema del “global warming” e il rifiuto di rincorrere la “destra religiosa” (i cui leader Pat Robertson e Jerry Falwell bollò con la definizione di “agenti dell’intolleranza”). Padre di sette figli (di cui alcuni adottivi), McCain è episcopale praticante come Bush, ma non è solito sbandierarlo; fervente antiabortista, durante le primarie dichiarò tuttavia di ritenere l’aborto legale negli Usa un “male necessario” perché l’unica alternativa all’aborto clandestino, e fece infuriare la destra “pro life” affermando che se fosse divenuto presidente non avrebbe basato la scelta di nuovi membri della Corte suprema sulla loro posizione in materia di aborto. E poi, soprattutto, c’era la politica estera. Bush si era presentato con una piattaforma isolazionista, in polemica con l’interventismo umanitario clintoniano. McCain prometteva, invece, una politica estera interventista e “missionaria” (“noi interverremo in qualunque parte del mondo dove un bambino muore di fame o un uomo viene ucciso”). Non a caso il Weekly Standard, principale settimanale neoconservatore, sosteneva McCain e non Bush: era il senatore dell’Arizona, e non l’allora governatore del Texas, a proporsi come fautore di un impiego della leadership americana nella “esportazione della democrazia”, giungendo a sostenere che la “versione per il XXI secolo della dottrina Reagan” (il famoso “state rollback”, la cura dimagrante al peso dello stato) era quella di un “rogue-state rollback”, una cura dimagrante al peso degli “stati canaglia”. Non a caso tra i sostenitori di McCain c’era anche Jeane Kirkpatrick, già ambasciatrice “di ferro” all’Onu negli anni 80 per conto dell’Amministrazione Reagan. Quando nel febbraio 2000 McCain vinse le primarie del New Hampshire, e poi anche quelle in Michigan e in South Carolina, molti credettero che potesse farcela. Ma alla fine, pur avendo raccolto molti consensi soprattutto tra i cosiddetti elettori “indipendenti”, ebbe la peggio contro il candidato dell’estabilishment: si ritirò dalla corsa per la nomination, e rifiutò il posto da vicepresidente. Dopo l’11 settembre 2001, tutto è cambiato. McCain è stato favorevolissimo alla guerra contro Saddam: “La liberazione consentirà che nuove voci definiscano una moderna società araba molto lontana dalla devastazione economica e politica compiuta dal nazionalsocialismo baathista”. Nel settembre 2003, dopo aver guidato la prima delegazione del Congresso degli Usa nell’Iraq liberato, si dichiarò ancora più convinto. E ancora oggi è tra i pochissimi a tenere il punto. E’ pur vero che nell’ultima campagna presidenziale John Kerry, suo amico personale e collega da una vita nella commissione Esteri del Senato (lui e McCain sono gli unici reduci del Vietnam ancora in carica come senatori, assieme al repubblicano Chuck Hagel), cercò di accaparrarselo come candidato alla vicepresidenza, ma lui rifiutò, e alla fine prese parte alla campagna elettorale del presidente Bush. All’indomani della rielezione si era perfino vociferato di un McCain segretario di stato nella seconda Amministrazione Bush, ma quando l’incarico andò a Condi Rice il senatore dell’Arizona rilasciò dichiarazioni di plauso entusiastico. Plauso che negli ultimi anni McCain ha confermato ogni volta che l’Amministrazione ha preso posizioni dure contro gli “stati canaglia”, e in particolare contro il regime iraniano: del resto era stato lui, nel lontano 1992, a firmare assieme al democratico Al Gore l’“Iran-Iraq Non-Proliferation Act”, la legge che prevedeva sanzioni contro gli stati che vendessero armi o tecnologia militare all’Iran o all’Iraq (legge la cui mancata applicazione fu poi denunciata in Parlamento dallo stesso McCain all’epoca dell’Amministrazione Clinton, allorché il New York Times svelò l’esistenza di un accordo segreto con la Russia per “chiudere un occhio” su forniture di armi da Mosca a Teheran).
Ciò nondimeno, McCain non ha mancato di differenziarsi dall’Amministrazione Bush sulle politiche di difesa, mettendosi in mostra come uno dei più acerrimi nemici del segretario della difesa Donald Rumsfeld. E’ facile intuire la sua soddisfazione per il fatto che la testa del capo del Pentagono sia stata la prima a rotolare il giorno dopo la sconfitta elettorale, anche se nella conferenza stampa che ha convocato sul tema è stato signorilmente pacato, ha concesso a Rummy l’onore delle armi. La contrapposizione tra i due era scoppiata in occasione dello scandalo di Abu Ghraib: quando Rumsfeld comparve davanti alla commissione Difesa del Senato, fu McCain a martellarlo con le domande più aggressive, dall’alto del suo passato di sopravvissuto ai torturatori vietcong. Sull’onda di quella polemica, il senatore dell’Arizona presentò un emendamento al “defense bill” (la legge di bilancio della Difesa) per il 2006, che ha introdotto il principio che la tortura è una tecnica di interrogatorio vietata senza eccezioni di tempo e di luogo, e che tutti i prigionieri di guerra debbono essere registrati presso il Comitato internazionale della Croce rossa (in modo da por fine allo scandalo dei “detenuti fantasma”). L’emendamento fu approvato a larga maggioranza dal Senato nonostante il dissenso della Casa Bianca; dopodiché, il vicepresidente Dick Cheney e il direttore della Cia, Porter Goss, chiesero che fosse ritoccato inserendo un’esenzione per gli agenti della Cia in azioni “coperte” antiterroristiche all’estero. McCain rispose picche e si innescò un lungo braccio di ferro. Alla fine, poco prima del Natale 2005, con 208 voti a favore (di cui ben 107 repubblicani) e 122 contrari, anche la Camera approvò l’emendamento anti tortura nella versione “dura e pura” di McCain, il quale il giorno dopo sedeva nello studio ovale in conferenza stampa accanto a Bush mentre quest’ultimo, per arginare l’impatto mediatico della sconfitta subita, gli stringeva la mano annunciando di aver “fatto propria” la legge anti tortura (cioè di non avere intenzione di porre il veto). Nel settembre 2006 l’Amministrazione Bush ha riaperto la partita, spingendo perché il Senato approvasse un ridimensionamento dell’articolo 3 della Convenzione di Ginevra. Facendo fronda con due colleghi repubblicani, McCain ha ottenuto la bocciatura in commissione dell’emendamento voluto dalla Casa Bianca, per poi strappare un discusso compromesso che, secondo lui, dovrebbe determinare una volta per tutte il bando dei tre metodi di interrogatorio più violenti praticati dalla Cia (privazione del sonno, ipotermia forzata e simulazione di annegamento). Secondo alcuni commentatori, queste battaglie del senatore dell’Arizona potrebbero finire per alienargli il favore di molti elettori conservatori. Di opposto avviso l’opinionista Andrew Sullivan, il quale sul Sunday Times ha tessuto le lodi di McCain arrivando a proclamare che grazie a queste prese di posizione si è assistito all’inizio della fine di un conservatorismo degenerato in “ideologia basata sulla fede religiosa”, e al “risveglio” di un conservatorismo “inteso come filosofia politica che affonda le radici nello scetticismo nei confronti del potere”. L’opposizione di McCain alla politica di difesa “rumsfeldiana” va a di là di questo episodio. La sua posizione è sempre stata la stessa di Bill Kristol e Robert Kagan, che da anni chiedevano le dimissioni del capo del Pentagono, chiamandolo a render conto della scelta sbagliata di combattere una guerra “al risparmio”. Non a caso Kristol e Kagan figurano tra i suoi consulenti per la politica estera. Come Kristol e Kagan, McCain ha sempre contestato la strategia irachena di Rumsfeld della guerra “leggera” combattuta con pochi soldati e molta tecnologia, sufficiente ad abbattere rapidamente il regime ma non a restare ad aiutare la transizione verso la democrazia; e non ha mai cessato di ribadire la sua convinzione della necessità di un aumento delle truppe. Nel novembre 2005 intervenne al Senato chiedendo un incremento di 10 mila unità, come risposta a Kerry che chiedeva il ritiro di 20 mila soldati; e lo scorso ottobre, in piena campagna elettorale, ha rilanciato dichiarandosi convinto della necessità di mandare a Baghdad altre 20 mila unità, e ha fatto proprio il piano proposto dal generale Peter J. Schoomaker per mantenere in Iraq fino al 2010 l’attuale contingente di 141 mila uomini (anziché ritirarne 100 mila entro la fine dell’anno, come ipotizzato da altri esponenti del Pentagono).
Attenzione, però: McCain ha sì posizioni da “falco”, ma sfugge al cliché del vecchio guerrafondaio organico alla lobby dell’industria militare. Al contrario, è uno dei pochi repubblicani a sedere nella commissione Difesa del Senato senza aver mai ricevuto in campagna elettorale finanziamenti dalla Boeing, e avendo ricevuto solo pochi spiccioli dalle altre industrie del settore (Lockheed, eccetera). Anche a livello di immagine, il suo è un personaggio complesso. Un aneddoto: nel documentario pacifista “Why We Fight”, premiato nel 2005 con il premio della giuria al Sundance Film Festival, McCain, intervistato, afferma che i timori espressi quarant’anni fa dal presidente Eisenhower rispetto al rischio che la politica di difesa degli Usa finisse per essere influenzata più dalle lobby del “complesso militare-industriale” che non dalla ricerca del bene della nazione si sono “sventuratamente avverati”. Eugene Jarecki, regista e autore del film, ha raccontato che nei dibattiti dopo la proiezione la gente gli chiedeva spesso “se McCain sia il nuovo Dwight Eisenhower”. In effetti, McCain in questi anni ha dato segnali di una visione di politica estera e di difesa che sarebbe difficile etichettare etichettare come “conservatrice”. Assieme al collega democratico Joe Lieberman (trionfatore delle elezioni del 7 novembre) presentò il disegno di legge “A.D.V.A.N.C.E. Democracy Act”, che chiedeva agli Stati Uniti di promuovere e rafforzare la democrazia nel mondo con mezzi pacifici, conferendo appositi poteri al dipartimento di stato prevedendo l’istituzione di un ufficio “Movimenti democratici e transizioni”, nonché di “centri regionali” operativi dedicati alla promozione della democrazia, e un incremento di 250 milioni di dollari l’anno dei fondi stanziati per aiutare i gruppi democratici, con un investimento sulla Community of Democracies talmente concreto da includere l’edificazione di un apposito palazzo che ne ospiti il quartier generale. Sempre in tandem con l’amico Lieberman, presentò alcune proposte di risoluzione che chiedevano di sospendere la Russia di Putin dal G8 e di boicottare il summit tenutosi luglio a San Pietroburgo. Inoltre, a quattro mani con l’ex segretaria di stato Madeleine Albright firmò due anni fa un appello sul Washington Post per il regime change in Birmania e la liberazione della leader nonviolenta Aung San Suu Kyi.

Quanto alla politica interna, McCain ha mantenuto le distanze rispetto all’Amministrazione Bush censurando la sua linea sulla spesa pubblica, accusandola di “scialare come un marinaio ubriaco”. Ma il dato di maggior interesse – anche considerando quelli che sembrano essere stati i temi che hanno maggiormente influito sull’esito delle elezioni di medio termine – è che nel 2005 è stato McCain a presentare, assieme al senatore democratico Ted Kennedy (il tandem trasversale è il suo marchio di fabbrica), il disegno di legge sull’immigrazione che per quasi un anno è stato il tema più “caldo”. La sua proposta prevedeva in origine la concessione di un permesso di soggiorno triennale a 400 mila lavoratori stranieri l’anno, e una sanatoria una tantum a ognuno dei quasi 11 milioni di immigrati clandestini che già si trovano in America, a patto che il clandestino si faccia schedare, paghi le tasse arretrate e una multa di tremila dollari e passi un esame di lingua inglese. Mossa coraggiosa, anche perché proprio nello stato di McCain, l’Arizona, corre un bel tratto del confine-colabrodo tra Usa e Messico, principale via d’ingresso per l’immigrazione clandestina. Altrettanto coraggiosa, peraltro, è stata la scelta di Bush (a ridosso del “suo” Texas corre il tratto più lungo di confine messicano), che ha appoggiato la proposta di McCain, seppur suggerendo alcuni ammorbidimenti, e poi, con un brillante discorso alla nazione, ha chiesto al Parlamento di approvare una legge il più possibile “inclusiva”, ricordando che uno degli inventori di Google è un immigrato di origine russa, e che l’architetto che progettò la Casa Bianca e il Campidoglio di Washington era un immigrato di origine irlandese. Buona parte dei parlamentari repubblicani (incluso il capogruppo al Senato Bill Frist) ha puntato i piedi contro il provvedimento, ma a Pasqua un gruppo trasversale di senatori ha approvato un emendamento di compromesso che ha “moderato” la riforma riservando la sanatoria ai soli clandestini che possano dimostrare di trovarsi negli Usa da almeno cinque anni, e il permesso di soggiorno a quelli presenti da almeno due. Dopo mesi di braccio di ferro e di manifestazioni di piazza da parte degli immigrati, il Senato ha messo ai voti il testo emendato. Nella sua dichiarazione di voto, McCain ha raccontato la storia di Riayen Tejada, padre di due bambine, immigrato a New York da Santo Domingo con il sogno di diventare cittadino americano e di fare il soldato nel corpo dei Marines, “sottomessosi agli obblighi implicati dalla cittadinanza prima ancora di aver avuto accesso ai diritti che spettano a ogni americano”, ucciso a Baghdad in un attentato mentre serviva come sergente benché ancora non cittadino. Nella notte fra il 25 e il 26 maggio, con 62 voti a favore (di cui solo 23 repubblicani) e 36 contrari (di cui 32 repubblicani), il Senato ha approvato la riforma; manca però il consenso della Camera, dove anzi negli stessi mesi era stato polemicamente approvato un testo di segno opposto. Ora che però la maggioranza alla Camera è tornata in mano ai democratici, lo scenario è ribaltato, e il progetto McCain-Kennedy potrebbe andare in porto: paradossalmente, grazie al voto dei deputati democratici eletti battendo quelli repubblicani che McCain aveva sostenuto in campagna elettorale. Tant’è che il giorno dopo le elezioni il Los Angeles Times è uscito con un editoriale che esordiva proclamando: “In Arizona il voto è stato un referendum sulle politiche sull’immigrazione. E a vincerlo è stato John McCain”.

Per la Right Nation vincere le presidenziali del 2008 sarà una missione difficile, non solo per via del fisiologico calo di consenso registrato alle elezioni di medio termine, ma anche perché mantenere lo stesso colore politico dalla Casa Bianca per tre mandati consecutivi è un’impresa riuscita, nell’ultimo mezzo secolo, solamente a Bush padre (che nel 1988 succedette ai due mandati di Reagan). Se in campo democratico la nomination di Hillary Clinton alla riconquista della residenza già abitata in qualità di first lady viene data quasi per scontata, i due nomi che ricorrono e si rincorrono nei pronostici sulla nomination repubblicana sono quelli di John McCain e dell’ex sindaco di New York Rudy Giuliani. Ma Giuliani, essendo “pro choice” e “pro gay”, risulta “simply too liberal for many Republicans”, come ha ben sintetizzato un opinionista di Fox News, “simply too liberal” per farlo digerire alla “destra religiosa”. McCain, invece, memore della sconfitta del 2000, sta pazientemente tessendo un complesso patto di non belligeranza con quell’area. Badando però a non svendere la sua connotazione liberale: nell’estate del 2006 è stato uno dei 19 senatori repubblicani ad aver votato (con la minoranza) a favore del finanziamento con fondi federali della ricerca sulle cellule staminali embrionali. E nello stesso periodo è stato uno dei 48 senatori a far mancare la maggioranza qualificata al “Federal Marriage Amendment”, la proposta di emendamento che avrebbe introdotto nella Costituzione degli Usa il divieto di matrimoni gay: pur dicendosi nel merito favorevole al divieto, ha votato contro spiegando che per lui questa materia è e deve restare di esclusiva competenza della legislazione di ciascun singolo stato. Si è così guadagnato l’anatema di Richard Land, leader della Southern Baptist Convention (che negli Usa è la seconda Chiesa dopo quella cattolica), il quale aveva proclamato che la nomination di McCain per il 2008 sarebbe dipesa proprio dal suo appoggio a quell’emendamento. Presto sapremo se la minacciosa profezia di Land sarà confermata dai fatti. Quel che è certo è che nel 2008 il senatore dell’Arizona avrà 72 anni (Ronald Reagan, quando divenne presidente, ne aveva “soltanto” 69). Parecchi, ma non è detto siano troppi.

BOSSI HAI ROTTO LE PALLE!


Bossi fa gestaccio contro l'inno d'Italia

Bossi sale sul palco e arringa i delegati. Il primo affondo, corredato da un dito medio alzato, è stato contro l'inno di Mameli: ""Non dobbiamo più essere schiavi di Roma. L'Inno dice che 'l'Italia è schiava di Roma...', toh! dico io". Secondo affondo contro lo Stato "fascista": "E' arrivato il momento, fratelli, di farla finita".

Fonte : http://www.repubblica.it/2008/07/sez.../bossi-pd.html

Questo signore ci ha veramente rotto le scatole.
In un altro Paese sarebbe stato mandato a calci nel sedere oltre il confine. Non è più sopportabile, nè leggittimo, ascoltare una sola parola/frase in più che possa offendere il nostro paese e la nostra bandiera da questo "essere".

Io mi meraviglio degli elettori di Alleanza Nazionale. Un "VERGOGNATEVI" è lecito.
Ma loro faranno finta di nulla. Certe notizie e affermazioni neanche le leggono.

Voi elettori di AN siete dei traditori dell'ideale e se non alzerete la voce, consoliderete la mia idea e quella di molti italiani che hanno su voi stessi.
Ormai dei politici come Fini non ho più fiducia né speranza. Ma di voi..almeno di voi...
Per favore..fatevi sentire.

sabato 19 luglio 2008

IN MEMORIA DI PAOLO BORSELLINO



Un eroe, forse l'ultimo uomo, assieme a Falcone, ad essersi imposto contro la mafia in maniera frontale, spacciata e senza sconti.
E' per questo che è morto.
Oggi la mafia non uccide più, non mette più bombe, ma si nasconde dandoci l'idea che non esiste, che sia quasi scomparsa, o che semplicemente non sia più quella di una volta.
Ma non è così.
Se la mafia prima metteva le bombe era perchè, semplicemente, c'era ancora chi era non corrutibile.
Oggi non ha bisogno di macchiarsi i panni di sangue, oggi ha capito che nessuno è più incomprabile.

Onore a PAOLO BORSELLINO.

lunedì 14 luglio 2008

UN OCEANO DI LADRI





Inchiesta sulla sanita' regionale: in carcere anche assessori e funzionari regionali
Arrestato il governatore Del Turco
Il presidente dell'Abruzzo in carcere per concussione: per lui presunta tangente da 5. 800.000 di euro


Fresca fresca la notizia sull'arresto di Del Turco Governatore della regione d' Abruzzo, schierato con il Partito Democratico.
La Magistratura "cattiva" sta sfumando il suo colore da Toga Rossa a Toga Nera?
Oppure le invettive del PDL sono tutte "fregnacce" (come si dice a Roma) tanto per giustificare un'azione politica contro la Magistratura che ha l'unico scopo di difendere gli interessi del Primo Ministro?

La risposta già la sapete.
Ma attenzione, ora non ho assolutamente nessuna intenzione di superare la notizia spostando l'attenzione su Berlusconi, in perfetto stile "giornale di partito".

Il Partito Democratico, o meglio la sua dirigenza, ha parecchi scheletri nell'armadio, processi, indagati, che menzionare due parole di SDEGNO è doveroso.

Ora capiamo il perchè del suo "avvicinamento" a Berlusconi sul tema "Magistratura".

Ma la questione che pongo è un altra : A chi deve fare affidamento, ormai, il cittadino per garantirsi una classe dirigente PULITA?
La risposta mette i brividi non è vero?
Se Berlusconi è al potere è al 90% colpa della stessa sinistra, un'accozzaglia di ladri alla pari del PDL.

E ricordatevi che in un Oceano di Ladri, chi vince è sempre il pesce (ladro) più grosso.

VERGOGNA ITALIA!

domenica 13 luglio 2008

E' UN PAESE STRANO

Nel post precedente a questo, ho pubblicato una chiara e semplice spiegazione della "Legge-Vergogna" del Lodo Schifani.
Spero che abbiate seguito attentamente la spiegazione di Marco Travaglio e vi siate fatti una idea sulla sua assurdità.

Molti (dei pochi) che leggeranno questo blog, si chiederanno se io sia impazzito. Molti di voi si chiederanno il perchè un tale che si autodefinisce di "destra", possa pubblicare un video del nemico numero 1 della destra attuale Italiana.

Ma è proprio da qui, e da questa domanda, che sorgono tutti i più grossi problemi (e pericoli) della politica Italiana.
Quando la Destra Italiana si renderà conto di cosa sia accaduto con l'avvento del Messia Berlusconi, sarà forse troppo tardi.

Berlusconi ha distrutto e cambiato la Destra. L'ha presa e l'ha fatta sua, dandogli un significato Berluscon-centrico che non ha NULLA di Destra, intesa come la intendono in ogni paese civile democratico dell'Occidente.

In Italia o sei con Berlusconi o sei Comunista. Un altra realtà di destra non esiste o, meglio, "non deve esistere".
Si gioca ormai sul binomio : Berlusconiano o Comunista. In alcuni casi il binomio si trasforma in trinomio, diventando : Berlusconiano, Comunista o Fascista.
Con il risultato che se non stai con Berlusconi o sei dell'altra sponda politica o sei un Fascista, nemico della Libertà e seguace dell'estremismo di destra, o un ladro di sinistra o, peggio, un anarchico- comunista- terrorista.

Io sono qui per cercare di ELIMINARE DEL TUTTO, questa forzatura inaudita che solo in Italia poteva crearsi. Un Paese dove i Giustizionalisti sono visti come nemici, mentre in un qualsiasi altro paese democratico, fanno parte del Dna del pensiero Conservator-Liberale.

In un altro paese, Di Pietro non starebbe a Sinistra, in un altro paese sarebbe la destra a scendere in piazza, in un altro paese non governerebbe Berlusconi..Ma qui ci spingiamo oltre..Aimè.

In Italia gente come Travaglio è stata identificata come COMUNISTA solo per essere andata contro Berlusconi.
Ma Berlusconi NON è LA DESTRA. Non ha nulla di destra. E' anti Giustizionalista, è anti liberale (nonostante abbia falsatamente abusato di questo termine), è per il conflitto degli interessi, è alleato con un partito Secessionista ecc...ecc..

Berlusconi è un totalitarista, Berlusconi è Berlusconi. Non ha un colore politico, Berlusconi se lo è creato un colore politico, prendendoselo e facendoselo suo.
Ha scardinato Alleanza Nazionale con la complicità di Fini e si è unito alla Lega.

Io mi appello a tutte le persone democratiche di Destra che abbiano ancora un cervello, un amor proprio e un libero pensiero.
Spargete la voce, fate capire che essere di Destra non è essere Berlusconiani, fate capire che la vera Destra nobile è quella di Montanelli, della Destra Storica che ha unito l'Italia, della destra in cui credevano gente come Borsellino e Pareto, della destra che in Europa e USA è stata rappresentata da Reagan, la Thatcher, Chirac e ora Sarkozy.

Il cambiamento politico in Italia deve avvenire inizialmente da Destra, perchè solo così si potranno riequilibrare certi assetti che con Berlusconi sono del tutto saltati.

Marco Travaglio - Sua impunita'

Sua Impunità

sabato 12 luglio 2008

Sono tornato

Dopo una pausa di mesi, legata a motivi famigliari e di studio, toernerò ad aggiornare questo blog.

Un saluto a tutti

lunedì 18 febbraio 2008





Fini lo ha annunciato : Ad Ottobre eliminerà il simbolo di AN sciogliendo il partito, il tutto senza ascoltare minimamente i proprio Militanti. Complimenti!

venerdì 15 febbraio 2008

LA MORTE DI ALLEANZA NAZIONALE


Ormai AN è morta..Sparita..Sepolta dall'annessione al PDL, che non è un vero partito, ma è una "cosa" al servizio del suo padrone, come Forza Italia, solo di proporzioni ancora piu vaste.

Fini ha preso la sua decisione, ha venduto identità e simbolo per scopi e fini (scusate il gioco di parole) personali.

Il progetto dell'ex Msi è chiaro : sostituire fra qualche anno il suo nuovo Padrone alla carica di Premier e/o candidato Premier.

Con AN sparisce l'unico vero partito di Destra Moderna e Democratica. Da oggi noi suoi ex elettori vivremo tempi bui.

Io di certo non voterò il PDL che di destra non ha NULLA.

Il PDL non è altro che un partito BERLUSCONCENTRICO al servizio del suo Padrone e nulla più.

Non condivido totalmente le sue ideologie, e spesso mi è stato sulle palle,ma Ferdinando Casini ha dimostrato di avere quelle palle che Fini si sogna.
Lui non venderà il suo simbolo, la sua storia, io suoi ideali.

L'invito che posso farvi è quello di boicottare il PDL. Votate scheda bianca,partiti minori, anche partiti comunisti (massì!), ma non date speranza a chi vi ha tradito.

Basta votare ancora una volta Leghisti, Mafiosi e Approfittatori.
Per anni sono stati una spada di Adamocle..ora non nè è rimasta neanche una misera motivazione.

giovedì 31 gennaio 2008

Nei Secoli Fedeli

DEDICATO ALL'ARMA DEI CARABINIERI. NEI SECOLI FEDELI!

SI AVVICINA IL 10 FEBBRAIO : GIORNATA DELLA MEMORIA PER LE VITTIME DELLE FOIBE




Ora non sarà più consentito alla Storia di smarrire l’altra metà della Memoria. I nostri deportati, infoibati, fucilati, annegati o lasciati morire di stenti e malattie nei campi di concentramento jugoslavi, non sono più morti di serie B." (Annamaria Muiesan - Testimonianza)


NO AL NEGAZIONISMO CRIMINALE COMUNISTA!

VISISTATE IL SITO : http://www.lefoibe.it/

UN SITO FUORI LEGGE : WWW.PMLI.IT


http://www.pmli.it/

E' incredibile come un sito del genere possa rimanere tranquillamente in circolazione.
E' incredibile come in Italia non si mostri un vero sdegno per movimenti politici del genere.
E' un sito che si rifà all'ala più estrema e radicale del Comunismo.
Un sito che inneggia a simbologie riguardanti Mao, Lenin e Stalin.

Un sito che offende milioni di vittime d'Europa e del Mondo.

INCARICO A MARINI : LA COSA GIUSTA


L'Incarico affidato a Marini è stata la migliore mossa da parte di Napolitano.
Ora la speranza è la creazione di un governo tecnico in grado di avere una solida maggioranza per una decente nuova legge elettorale.

Serve una legge elettorale con un alto sbarramento, in modo da avere meno partiti nell'esecutivo e levarci dalle scatole i piccoli partiti come quello dell'Udeur di Mastella.

Serve una maggioranza più forte, per attuare le necessarie riforme senza dover essere schiava dei mini-partiti che con l'attuale legge "Porcellum" rendeva l'esecutivo debole e ricattato.

mercoledì 30 gennaio 2008

BLOODY SUNDAY 36esimo anniversario

IN MEMORIA DI QUEL GIORNO..PER NON SCORDARE.

NO MORE!!!

PERCHè NON FARE COME SARKOZY?


Economia bipartisan
E nella crisi spuntano gli attalisti d’Italia
Politici ed economisti: «Ora servono riforme-chiave, ma l'agenda sia condivisa»


Dobbiamo fare anche in Italia una commissione Attali? Che sia questo lo scatto che potrebbe dare un po' di fiducia nel futuro a un Paese in declino, con un'economia stagnante e asfittica, preoccupato per la bassa crescita e i bassi salari, e umiliato dallo sfarinamento politico? Perché allora non prendere esempio da un'esperienza di laboratorio avanzato come quella avviata dal presidente francese Sarkozy?


Sarkozy, proprio per rilanciare la crescita, e mettere davvero mano a una ristrutturazione profonda del Paese, ha deciso di radunare in spirito bipartisan i migliori cervelli nazionali e non solo (nella Commissione figurano gli italiani Mario Monti e Franco Bassanini), che hanno prodotto un'agenda in 316 punti per riformare le istituzioni e le coscienze, scardinare i blocchi, i privilegi, le resistenze, e fare ripartire la Francia.
Ecco perché val la pena domandarsi se non sarebbe utile anche per l'Italia un'agenda prodotta da menti d'eccellenza che potrebbe fare quasi da base programmatica — e condivisa dai due schieramenti politici — a un governo di alto profilo istituzionale. Archiviata la prima obiezione d'obbligo («Ma qui da noi non c'è Sarkozy»), la risposta di una mente libera della sinistra come Nicola Rossi, economista e deputato, è positiva, ma a patto «di un amplissimo consenso parlamentare, realmente bipartisan, che implichi la coscienza e la necessità, di entrambe le parti, di dover cedere sovranità a questo governo su temi urgenti e condivisi».

E' con questo spirito di esercizio non accademico ma di reale riflessione e proposta politica che apriamo qui la discussione con alcune personalità del Paese, sui punti decisivi per una possibile agenda Attali in salsa italiana. La si potrebbe chiamare anche Commissione Monti, dice Riccardo Illy, imprenditore alla guida della regione Friuli-Venezia Giulia. E dopo una premessa («la dovrebbe nominare un governo che esca da nuove elezioni con una nuova legge elettorale che garantisca la governabilità») si spinge anche a fare una lista dei nomi che vorrebbe vedere in questa Commissione: Francesco Giavazzi, Giacomo Vaciago, Franco Bassanini, Innocenzo Cipolletta, Pietro Ichino, Tito Boeri, alcune fra le tante persone competenti che abbiamo in Italia ma che, se ci si pensa, non sono mai state riunite insieme a pensare al futuro del Paese.
Illy poi suggerisce anche una priorità, riforma delle aliquote previdenziali e revisione dell'età pensionabile: «Ha fatto bene la commissione Attali a proporre di fatto di spostare l'età limite lavorativa oltre i 65 anni, lasciando libertà di scelta ai lavoratori di ritirarsi o meno, e proponendo di eliminare gli ostacoli al cumulo pensione-reddito».
Altrettanto convinto dei benefici di una Commissione del genere «per un governo di pacificazione» è Antonio Polito,
ex direttore del Riformista e ora senatore del Pd: con l'avvertenza, dice, che per la Commissione Attali-Italia (quasi un anagramma) «vorrei una ventina di saggi capaci di andare ancora più a fondo dei francesi», che dettassero misure precise e dettagliate per il disastro italiano, sul problema delle pensioni, sulle liberalizzazioni, ma soprattutto affrontassero una vera ristrutturazione del tempo di lavoro e del tempo di vita, introducendo un più massiccio ed equo uso del part-time per le donne, ma non solo.
Una discesa in profondità al cuore dei problemi la invoca pure l'economista Tito Boeri, fondatore del sito
lavoce.info, e, per entrare nel merito, indica una serie di punti cruciali che si possono attuare da subito e a costo zero per le casse dello Stato. Primo: decentrare la contrattazione permettendo di meglio remunerare il lavoro nelle imprese più efficienti; secondo: aumentare la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro, offrendo ai giovani un percorso verso la stabilità; terzo: estendere a tutte le scuole e rendere pubbliche le valutazioni sulla qualità dell'istruzione «affinché le famiglie si battano per un miglioramento qualitativo del livello di istruzione e non solo per far avere ai loro figli "il pezzo di carta"».

Aperti e possibili «attalisti» anche gli imprenditori di nuova generazione, con un solo dubbio: perché funzioni, ci vuole un governo forte, che non caschi «Matteo Colaninno, figlio d'arte, 37 anni, presidente dei giovani di Confindustria, crede che un'agenda condivisa sia proprio quello di cui ha bisogno questo Paese, «me lo auguro come giovane e come imprenditore, perché non siamo in un contesto declinante: le imprese crescono e crescono bene, all'estero ci guardano con rispetto, ma il nostro paradosso è che le sorti del governo sono appese a Mastella». Anche Anna Maria Artoni, altra figlia d'arte con alto curriculum professionale, punta sull'orgoglio d'azienda e batte sul tasto della meritocrazia: «Non ci dobbiamo battere per le donne, per i giovani, ma per i bravi. Premiare i talenti perché la professionalità fa crescere l'economia e ci permette di essere più solidali». E Giuseppe Recchi,
42 anni, brillante manager internazionale di stanza a Roma dove è presidente di General Electric, chiamato da Montezemolo a presiedere in Confindustria la Commissione multinazionali, plaude alle squadre ricche di talenti perché aiutano a vincere nel mondo globale. «Succede nello sport dove facciamo il tifo per team multietnici, dove si dà la caccia al migliore per vincere, perché non dovremmo provarci anche con la politica?».

Paladino della chiamata alle armi dei migliori per soccorrere un Paese allo stremo è pure un manager di lungo corso e fine suggeritore politico come Fedele Confalonieri. «Chiunque vinca le elezioni deve capire che non si può governare senza fare un appello ai migliori. I migliori debbono collaborare per riformare, rifondare (scelga lei il termine che vuole) uno Stato che non funziona. La Commissione Attali? C'è una differenza fra Italia e Francia: Sarkozy scende giù, entra in macchina, gira la chiavetta e la macchina va. In Italia chiunque scenda, ammesso e non concesso che trovi la macchina, gira la chiavetta e non parte. Qui si deve ricominciare daccapo, per questo parlo di rifondazione». Ma attenzione, il percorso deve essere chiaro, conclude Confalonieri, facendosi interprete degli spiriti dell'amico Berlusconi, prima si va subito ad elezioni, perché «questo Parlamento ha dimostrato di non essere in grado di produrre quella svolta di cui il Paese ha bisogno».

Altrettanto scettici sulle ipotesi di governo bipartisan e sull'utilità di una nuova commissione Attali due esperti consiliori del centrodestra. «Proporrei piuttosto di prendere il rapporto Attali e farlo nostro, avremmo già il programma bell'e pronto, con in più la copertura superiore e bipartisan della partecipazione di Monti e Bassanini» dice Giuliano Cazzola. Mentre Maurizio Sacconi annuncia che basterebbe riprendere il filo interrotto dello scorso governo di centrodestra, «e concentrarsi su una decina di disegni di legge da fare nei primi cento giorni, a partire da una manovra economica correttiva per neutralizzare i venti di recessione che arrivano dall'estero».
Ma anche a sinistra oltre ai consensi maturano i dubbi. «L'idea è interessantissima perché è chiaro che questo Paese ha bisogno di uno sforzo congiunto. Ma la sensazione è che sia difficile esprimere questo sforzo: qual è il leader capace di mettere da parte i particolarismi in nome dell'interesse generale? Berlusconi dopo quello che è successo ieri sente l'odore del sangue» dice il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, sostenuto da Filippo Penati, presidente della Provincia di Milano: «Purtroppo non vedo le condizioni politiche per un governo di questo profilo, ma certo sarebbe auspicabile in un uno scenario economico come quello di oggi».

Una voce dissonante sulla Commissione è anche quella di Linda Lanzillotta, ministro degli Affari regionali nell'ultimo governo Prodi e moglie di Franco Bassanini. «Onestamente non credo che abbia dato indicazioni sconvolgenti. Soprattutto per noi italiani che siamo più avanti nel dibattito sulla modernizzazione. Il nostro problema è semmai quello di passare dal dire al fare, sono i poteri di veto cha scattano ogni volta che si tentano i cambiamenti. Cosa dobbiamo fare lo sappiamo già: accelerare i meccanismi decisionali, e, dopo queste vicende sulla Sanità, pensare a misure urgenti per ridare fiducia a chi riconosce il merito e la qualità, e tenere fuori dalla politica gli altri. Per non deprimere ulteriormente il Paese».


Maria Luisa Agnese
26 gennaio 2008

MA IL CENTRO SINISTRA?


Il Centro Sinistra si lamenta sulle conseguenze delle varie Legge "Ad Personam" di Berlusconi scordandosi che in quasi due anni di Governo non ha mantenuto nessuna delle promesse su argomenti riguardanti :

- CONFLITTO DI INTERESSI
- REATO IN FALSO BILANCIO

E menomale che secondo il programma dovevano essere fatte entro i primi 100 giorni di governo.

Tutela della pizza Napoletana


Da Corriere.it

Piatti e regole
E la burocrazia entra in cucina:
una legge per la «vera pizza»
Dagli ingredienti ai gesti per impastarla: a Bruxelles le norme per la napoletana

Otto articoli per un disciplinare dettagliatissimo: peso dei panetti, spessore del disco, gradi del forno a legna e tempi di cottura. Steso del 2004, il testo è stato ultimato solo ora, a causa delle mille obiezioni avanzate dalla Commissione Ue, che deve decidere sul marchio



ROMA — In piena crisi politica, il governo Prodi riesce a chiudere una pagina burocratico- culinaria essenziale per la futura tutela della «vera» pizza napoletana. Laura La Torre, direttore generale per la qualità dei prodotti alimentari del ministero per le Politiche agricole e forestali, ha consegnato alla Gazzetta ufficiale europea la proposta di riconoscimento del marchio di S.T.G. (specialità tradizionale garantita) della pizza napoletana. Entro sei mesi l'Unione europea dovrà presentare le sue osservazioni. E alla fine del 2008 chi vorrà esporre il marchio S.T.G. per la sua pizza napoletana «protetta » dovrà rispettare scrupolosamente pesi, ingredienti, tempi di cottura, dimensioni. Le regole del «disciplinare» (otto corposi articoli) sono contenute nel testo della proposta di riconoscimento apparsa sulla Gazzetta ufficiale del 24 maggio 2004.

Nulla di affidato al caso. Visto che siamo in un'Italia capace di spaccarsi su tutto, il regolamento fu a suo tempo il frutto di un accordo tra le due principali associazioni di categoria: «Verace pizza », presieduta da Antonio Pace ( www.pizzanapoletana. org) e l'Associazione pizzaiuoli napoletani ( www.pizzaiuolinapoletani. it) guidati da Sergio Miccù. I comandamenti sono rigidi. Venti minuti per l'impasto, due ore di lievitazione. Realizzazione di panetti per le singole pizze «tra i 180 e i 250 grammi», il disco di pasta steso dovrà avere «al centro lo spessore non superiore a 0.3 centimetri e al bordo non superiore di 1-2 centimetri formando così il "cornicione"». Attenzione: «Con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta 80 grammi di pomodori pelati frantumati, con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale». Cottura solo «in forni a legno dove si raggiunge una temperatura di 485 gradi». In quanto all'aspetto finale: «Cornicione rialzato, colore dorato, morbida al tatto e alla degustazione da un centro con la farcitura dove spicca il rosso del pomodoro cui si è perfettamente amalgamato l'olio».

Non si citano le alici, e questo sarà un problema per molti palati. Ma c'è un divieto: «La pizza va consumata immediatamente appena sfornata. L'eventuale asporto verso abitazioni o locali differenti dalla pizzeria determina la perdita del marchio». Come faranno i tifosi che si godono la partita organizzando una pizza con amici? Una banale pizza qualsiasi. Niente marchio. Molto soddisfatto Rosario Lopa, presidente del Comitato per la tutela della pizza napoletana, esponente napoletano di An, protagonista di un mini- caso politico. Lunedì circolava una sua nota stampa con tanto di carta intestata «Ministero delle politiche agricole alimentari e fores tali». Ma ieri ha corretto il tiro, parlando di un banale equivoco della sua segreteria. La carica presidenziale gli deriva dalla faticosa intesa tra pizzettari area Antonio Pace e pizzaiuoli fedeli a Sergio Miccù nel 2004, quando il ministero era retto da Gianni Alemanno. E il suo incarico ha resistito all'arrivo del governo di centrosinistra e all'insediamento del ministro ulivista Paolo De Castro. La pizza è evidentemente bipartisan.

Dice Lopa: «Sono stati nominato perché i due comitati erano "litigarelli", tutto qui. E finché non c'è il marchio, non si può costituire un consorzio. A cosa serve il marchio? A tutelare una tradizione e un'identità. Ma anche ad aprire prospettive di mercato in Campania: quando il marchio sarà una realtà, molti prodotti verranno dalla nostra terra». Ma perché sono passati quattro anni dal testo del 2004 alla consegna alla Gazzetta ufficiale europea? La risposta di Lopa svela un quadriennio di lunghi confronti burocratici: «Da Bruxelles sono arrivate mille obiezioni e altrettante richieste di chiarimento sul disciplinare. Una tra tante: "A Milano, in un articolo di giornale, si sostiene che la pizza si può fare anche col ragù. È vero?". E noi, ogni volta, abbiamo dovuto rispiegare che la vera pizza napoletana... ». Misure e calorie La pizza deve avere un diametro «non oltre i 35 cm» Il disciplinare indica anche le calorie: 149,47 per 100 grammi di Marinara; 188,04 per 100 grammi di Margherita extra De Filippo Sopra, Eduardo De Filippo, il grande scrittore e commediografo napoletano morto a Roma nel 1984. La foto degli anni '50 lo ritrae con un piatto di pizza Il cartone «Totò Sapore e la magica storia della pizza»

Paolo Conti
30 gennaio 2008

Processo Sme, Silvio Berlusconi assolto



...Sì ma per prescrizione...

«L’assoluzione di Berlusconi dall’accusa di falso in bilancio era scontata: la legge che abolisce il reato se l’era fatta, come molte altre, su misura». Parole di Giovanni Russo Spena, capogruppo di Prc al Senato.

Concordo, purtroppo, con Spena.

martedì 29 gennaio 2008

Sondaggio

Il quesito è banale, ma anche spontaneo. Ora come ora chi votereste?

LE PROSSIME ELEZIONI



Subito o fra otto mesi, nel caso entri un Governo Tecnico o Istituzionale per varare una nuova riforma elettorale (per altro sacrosanta), si andrà nuovamente al voto.

Lo scenario che si prospetta è terrificante.

Veltroni vs Berlusconi.

Due facce di un unica Medaglia. Due ottimi Comunicatori, due ottimi Furboni, due modi di fare politica molto simili, come sono molto simili le loro due "armate".
Pd composto da Democratici di Sinistra e Cattolici vs Democratici di Destra e Cattolici.

Sostanzialmente la stessa schifezza.

Una persona di DESTRA con un pò di amor proprio (e amor per il proprio Paese) di certo non andrà a votare un tale che a Roma di schifezze ne ha fatte a bizzeffe (coperte da un ottima propaganda di immagine).
Ma d'altra parte non può RIANDARE a votare un partito, che fino a poco tempo fa manteneva in me una certa STIMA, come Alleanza Nazionale.

Tralasciando il primo punto, tra l'altro scontato, concentriamoci sul secondo.

Perchè non è più possibile votare ALLEANZA NAZIONALE?

Torniamo un pò indietro nel tempo :

Fini mi era sembrato estremamente coraggioso negli ultimi tempi. Addirittura osava "replicare" a Berlusconi dicendo che "AN avrebbe deciso senza più tenere conto degli interessi di Berlusconi su TV e Giustizia", che "non sarà Berlusconi il nostro candidato premier". Sembrava un'altra persona. Ecco altre sue perle:
" Il cavaliere ha distrutto la CDL e ora dovremmo bussare alla sua porta con il cappello in mano e la cenere in testa? Non siamo postulanti.I o tornare all'ovile? Sono il Presidente di An non una pecora" .

"Berlusconi con me ha chiuso. Non pensi di recuperarmi. Io al contrario di lui non cambio posizione."

"Lui a Palazzo Chigi non tornerà mai. Per farlo ha bisogno del mio voto. Ma non lo avrà mai più" .

E cosa diceva il Secolo d'Italia , il giornale di AN?
"Abbiamo vissuto l'epopea berlusconiana con un senso di disagio...... Le vignette che lo raffiguravano come uno scodinzolante cagnolino intorno a Berlusconi".

Peccato che sia bastata la caduta del governo Prodi per farsi due calcoli e constatare l'alta possibilità di vincita alle prossime elezioni.

Dunque : "BERLUSCONI PREMIER".

Ora, io dico, dov'è la COERENZA?

La coerenza va troppo spesso a farsi fottere per le "poltrone". E di questo sinceramente siamo STUFI.

Come siamo STUFI, di avere nel nostro Parlamento la solita gente pluri-indagata e pluri-incompetente da 14 anni a questa parte.



CHI DI VOI AVRà IL CORAGGIO DI VOTARE UN PARTITO COALIZZATO (MOLTO PROBABILMENTE) CON MASTELLA?!

CHI DI VOI AVRà IL CORAGGIO DI VOTARE UN PARTITO COALIZZATO CON L'UDC, PRONTO A IMMETTERE NELLE SUE LISTE UN TAL SIGNOR. CUFFARO (EGREGIO MAFIOSO), PRENOTANDOGLI UN POSTO DA PARLAMENTARE O SENATORE??

CHI HA QUESTO CORAGGIO?

NON è BASTATA L'ALLEANZA CON LA LEGA NORD IN TUTTI QUESTI 7 ANNI?

Ma allora siete proprio masochisti.


Bene.
Se ciò non basta, passiamo andare un occhiata al primo abbozzo di programma del CAVALIER BERLUSCONI; i magnifici 7 punti.


1- TAGLIO DELLE TASSE -->
Banale, ma diamogli il privilegio del dubbio. Non sono contrario ad un Economia più dinamica (di stampo Anglossassone e Americana), che allegerisca le Imprese e la forza d'acquisto. Ad una condizione però, ovvero che ci sia una politica Economica per lo meno DECENTE.

2- TUTELA DELLA PRIVACY -->
Eh no! Qui non ci siamo. Le intercettazioni SONO DOVEROSE, sopratutto in ambito PARLAMENTARE. La proposta di legge di Berlusconi è degna di chi ha la coda di Paglia. Ma qui aimè sarà votata in BLOCCO da ogni schieramento.

3- EMERGENZA CRIMINALITà -->
Il classico punto di circostanza di ogni schieramento di Destra. Può essere appoggiato, ma senza troppo ottimismo.

4- AIUTI ALLE FAMIGLIE -->
Sacrosanto. Ma in che modo? Ma facciamogliela passare anche questa.

5- RILANCIO DELLE INFRASTRUTTURE -->
Sembra buttato lì tanto per..
Si vede che 6 punti suonavano male, allora si sarà detto : "Mettiamone sette! Che ci inseriamo?? Ma sì! Le infrastrutture! Funziona sempre!"

6- RIFORMA DELLA GIUSTIZIA -->
E qui mi fai schifo! Si collega alla riforma della "privacy". E' utile commentare?

7- SCUOLA E UNIVERSITà -->
Percarità. Chi è studente come me, sa bene cosa ha fatto la CDL per noi studenti.

Dunque. Sette punti, dei quali, possiamo esserne certi, verranno al 100% riformati i soli DUE e SEI.

Troppo poco, anzi troppo per ciò che riguarda l'ILLEGALITà, e poco perciò che riguarda IL PAESE.

La Destra non è questa. Sappiatelo.

Sempre a Destra

La rinascita del paese può avvenire solo rilanciando una nuova classe dirigente politica. Questo processo non può più aspettare, deve nascere proprio a Destra, eliminando le nuove alleanze, ricostruendo una Destra Moderna che vada di pari passo alle altre realtà politiche di ogni paese Occidentale e Democratico.

La rinascita deve partire dal rifuto di una leadership impersonificata in Silvio Berlusconi. Egli ha rovinato la Destra, levandogli dignità, serietà e onestà.

La rinascita può partire solo da una nuova Destra Giustizionalista che non si immischi con parlamentari indagati e sotto processo, una Destra che rifiuta la corruzione ed ogni altra forma di illegalità.

La rinascita può partire solo da una nuova Destra Democratica e Repubblicana, che guardi al passato con una logica critica e al futuro con una indissolvibile speranza.

La rinascita può partire da una nuova Destra Liberale, che combatta indiscutibilmente per la pari dignità di ogni cittadino Italiano, per la Libertà (quella vera) dell'individuo, che difenda i più deboli e contrasti i disonesti.

La rinascita può solo partire da una nuova Destra Moderna. Punto.

Una Destra che abbia il dovere morale di dissociarsi da quella attuale. Una Destra che unisca il popolo Italiano, che possa far rinascere l'Orgoglio di appartenza a questa nostra splendida terra.

Alle prossime elezioni chi voterete?